Devo dire subito che il primo incontro con il pittore Domenico de Dominicis non è stato di quelli che si possono considerare dei più facili. Forse per quel particolare impegno e attenzione che in quel momento avrei dovuto avere e che egli mi chiedeva nel leggere o interpretare i suoi quadri e collocarli in una dimensione storica.
Ma le sue "illustrazioni", quella mattina di settembre, mi parvero possedute da una ossessiva e puntigliosa verità da farmi pensare a Donghi, a grandi cartoncini illustrati ma riottosi e ribelli a ogni comunicazione epistolare aperta. E di Donghi, per la verità, avevano e hanno un pò tutto; la maniera, il tratto, il colore e l'immagine e anche lui, un pittore fuori dai giuochi.

Chi diceva che i suoi quadri, quelli di Antonio Donghi, "le sue figure, sono lì ad un passo dalla cartolina, come certa bella poesia che solo di pochi numeri si stacca dal disco e dalla canzonetta"?
Tutto sommato poteva essere quella una chiave di lettura? Poteva, anche se de Dominicis vi era stato addosso, e vi stà, con ostinata pazienza e pignoleria, rivestendo quelle "illustrazioni" di contorni e minuscoli altri elementi.
Per la verità sono immagini che non rappresentano sgomenti, usure, smarrimenti, fratture, titubanze o una perdita di coscienza o una acquisizione di essa o, addirittura, una certa presunzione a vivere o, magari, un impercettibile segnale di fuga dalle lacerazioni della nostra esistenza o dalla quotidianità dei suoi momenti anomali e contraddittori. Niente di tutto questo in queste figure e in questi oggetti ritratti minuziosamente e riportati sulle tele tal quali, tanto che si potrebbero inserire più in una sorta di perifrasi anziché in quella più usuale relativa al pensiero.
Ma si sa ... sono anni che mi rifiuto di vivere spazi impegnati. Fuggo da quei tempi insensati e laceranti, per molti aspetti improvvisati e vago, vagando alla ricerca di altri territori meno noti perché fuori da ogni tipo di ingraticciamento. Per questo, forse, ho deciso di scrivere per lo "Sciltian" ciociaro, come ebbe a definire de Dominicis, Domenico Purificato.
Così, percorrendo un itinerario mai vissuto prima, trovo le suggestioni e le emozioni di un uomo, che vive in solitudine le sue giornate. In tal modo i recuperi e le suggestioni delle sue immagini assumono valore soltanto nella convinzione della permanente e ossessiva presenza di quelle cose che egli sceglie e che devono essere ritratte come sono e come si presentano ai suoi occhi, fino alla stanchezza dei particolari. E sono proprio questi particolari che mostrano la tensione di de Dominicis che sembra non avere mai fine, teso com'è a cogliere la minuziosità della figura o dell'oggetto da ritrarre e che egli ritrae dominando la materia con una straordinaria dote di esecuzione.

In questo senso si può capire il perché, prima, ho voluto usare il termine "illustrazioni" per indicare i fatti di de Dominicis. Questi fatti non rappresentano maniere di ricreare o voglie di far rivivere i vari modi di recepire la realtà. Questi allora "illustrano" perché in un senso o nell'altro alludono a qualcosa... un qualcosa che sfugge! E allora? Queste "illustrazioni" vanno intese semplicemente come fatti eludenti i vari duplicati della realtà o come segni generici le cui matrici vanno travate in due referenti specifici: il primo è il bisogno di comunicare altrove; il secondo, affidabile molto più all'immaginazione, lo può trovare in Villon quando dice: "... d'eri plus parler je ne desiste/le monde n'est pas qu'abusion...."
In questo senso le cose di de Dominicis si presentano come momenti articolari di vita. Una sorta di diario intimamente personale, come atto di offerta, dove l'unico universo segreto e misterioso del pittore non è represso dall'esterno, ma vi è attratto nel momento stesso in cui si rivela all'autore come una necessità da riportare sulla tela. E qui viene fuori una specie di dicotomia di zone di confine nelle quali l'intimo, il riservato, diventa pubblico in una simbiosi con la passione stessa del dipingere.
Ed è proprio così che sono i suoi "strumenti musicali", i suoi "ciabattini", e così sono soprattutto i suoi "nudi".
Vuole forse interrogare i tempi della sua memoria? No, isolato e solitario autodidatta de Dominicis continua per la sua strada alla ricerca di componenti che appartengono più alla psiche che alla realtà. Così, lontano dai rumori della città e chiuso nel suo studio, Domenico de Dominicis continua a raccogliere i frammenti di una storia personalissima che gli appartiene per intero e gli apparterrà, senza ironia, realizzando la sua vita nel piacere di "ritrarre per ritrarre".

 


Prof. NINO MASSARI
(Critico - Direttore Sterling Europea - Roma 1989)